La schiavitù: oppressione che distrugge il mondo

La schiavitù: oppressione che distrugge il mondo

Sin dal 5000 a.C. abbiamo prova della schiavitù. Essa era ampiamente accettata nella gran parte delle civiltà antiche ed era regolata da leggi e consuetudini come ogni altra pratica economica. Tra le antiche civiltà, quella romana ha rappresentato il culmine delle società schiaviste, nelle quali il lavoro degli schiavi rappresentava una componente essenziale dell’economia. Ma anche l’antica Grecia basava gran parte della sua economia sugli schiavi, tanto è vero che ad Atene per lunghi periodi ci sono stati più schiavi che uomini liberi.
Per i greci la schiavitù era un istituto di “diritto naturale”. Per i Romani, invece, l’uomo non era schiavo per natura, ma lo poteva diventare se la legge positiva l’avesse deciso. Per questo lo schiavo romano poteva essere liberato e ottenere la cittadinanza romana.  
Nel 135 a. C. si ha la prima guerra servile, in cui uno schiavo siriano di nome Euno decise di ribellarsi proclamandosi re della Sicilia ed impadronendosi dell’isola. Da allora ci furono varie lotte per la fine o almeno per migliorare lo schiavismo.  
Il Portogallo fu il primo stato europeo a utilizzare schiavi, prelevati dall’Africa, per soddisfare le necessità di manodopera interna.  La schiavitù dei neri è stata una delle più dure guerre da combattere, poiché per molti essi non erano neanche umani, infatti ogni venerdì seguente al giorno del ringraziamento venivano venduti a prezzi stracciati, da qui il nome Black Friday (letteralmente venerdì nero) durante la guerra di Secessione.  
Ma un importante traguardo nella battaglia contro la schiavitù fu raggiunto nel 1926 con l’adozione della “Convenzione internazionale sulla schiavitù”, promulgata dall’ONU, che proibì il commercio degli schiavi e abolì la schiavitù in tutte le sue forme. L’ONU, tuttavia, registrò l’esistenza di forme legalmente riconosciute di schiavitù in Tibet, in Abissinia e in Arabia. I valori incarnati dalla convenzione furono quindi sanciti dalla “Dichiarazione universale dei diritti umani” ratificata dall’ONU nel 1948. 
Alla fine del XX secolo la schiavitù continua tuttavia ed esistere in molte forme e nonostante l’universale condanna, è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione. 
Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all’economia mondiale miliardi di dollari. Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazione dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato. Non vi sono più catene, non esiste più il diritto legale di possedere un essere umano ma le persone sono comunque ridotte in schiavitù con l’oppressione, anche indiretta, la negazione alla libertà e soprattutto la violenza. La tratta di esseri umani è un problema su scala mondiale e consiste nel trasferimento di persone con la violenza, l’inganno o la forza finalizzato al lavoro forzato, alla servitù o a pratiche riconducibili alla schiavitù. I “trafficanti” usano violenza di ogni genere per costringere le proprie vittime, nella maggior parte dei casi donne e bambini, a lavorare contro il loro volere. 
Nonostante si celebri il cinquantesimo anno dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ancora oggi uomini, donne e bambini vengono venduti come schiavi. 
Un caso eclatante è quello della Mauritania. In questa ex colonia francese la schiavitù, nonostante sia stata abolita, continua ad essere all’ordine del giorno. I padroni fanno lavorare famiglie molto povere, come schiavi, in cambio del letto, dei vestiti e di un po’ di cibo. 
Purtroppo la condizione economica molto fragile del paese non sembra lasciare alternativa a questi uomini che volontariamente decidono di rimanere proprietà dei loro padroni. I bambini della Mauritania, sotto i dieci anni, spesso sono venduti come cavalcatori di cammelli e sfruttati fino all’ultimo respiro. Anche negli altri paesi, soprattutto quelli sottosviluppati, la schiavitù infantile è molto diffusa come in Asia dove ci sono addirittura dei paesi che utilizzano i bambini più piccoli per collocare la miccia delle mine nelle gallerie minerarie molto strette dove un adulto non potrebbe passare. In Pakistan milioni di bambini sono schiavi nelle fabbriche di tappeti e mattoni e intere famiglie sono costrette a lavorare nelle grandi proprietà terriere in condizioni disumane e nei campi di canna da zucchero. In Uganda i bambini vengono sequestrati per combattere in guerra. L’UNICEF, inoltre, valuta che circa un milione di minorenni ogni anno viene introdotto nel commercio sessuale. A tutti questi bambini viene negato il diritto di scegliere cosa essere nella vita, di giocare e di crescere in armonia. 
Incalcolabile è il traffico delle donne a scopo di sfruttamento sessuale, sia oltre che entro i confini del paese d’origine. Possiamo vederlo con i nostri occhi, ragazze straniere vendute in Italia e rese schiave del marciapiede dall’industria del sesso. Il vincolo del debito è spesso il modo in cui le ragazze vengono forzate alla prostituzione in molti paesi asiatici. Le ragazze devono lavorare per restituire il denaro preso in prestito dai genitori o da un tutore e non possono smettere di prostituirsi finché il debito non sia stato completamente estinto. 
Molto difficile è la condizione delle donne che in alcuni paesi non hanno accesso alle difese legali e sono sottoposte a leggi di sottomissione, e quindi possono difficilmente avere giustizia dopo aver subito delle torture. Ad esempio in Pakistan, una donna che viene violentata può essere processata per adulterio se non riesce a procurarsi quattro testimoni maschi che testimoniano che lei non era consenziente. 
In tutto il mondo la tortura piega la dignità delle persone di qualsiasi etnia e di qualsiasi età ed è così difficile da sradicare perché ancora nelle menti di molti uomini, del tutto inseriti in società e dichiarati “cittadini del mondo”, esiste l’antico modello della diversità. Quindi la schiavitù non potrà mai cessare finché non impareremo che, chi ha pelle, lingua, cultura diverse dalla nostra ha comunque sangue, mente, dignità e diritto alla vita come noi. 
Cosa dire poi della schiavitù elettronica che condiziona un po’ la vita di tutti noi. Si passano ore davanti alla televisione a scapito di una buona lettera e la pubblicità bombarda quotidianamente le orecchie di milioni di consumatori. 
Il computer, poi, è diventato ormai un elemento quasi indispensabile per le famiglie. Non c’è notizia o informazione per cui non si acceda al computer. Le parole software, hardware, data base, CD-Rom, chat e e-mail e molte altre sono ormai sulla bocca di tutti, dalle persone non più giovani ai ragazzi delle scuole elementari. Quindi la schiavitù oggi è anche quella della dipendenza dalla struttura e dall’evoluzione delle nuove tecnologie.

Alessia D’Amaro