Saltburn, dove tutti si perdono

Saltburn, dove tutti si perdono

“Non ero innamorato di lui. So che tutti pensavano che lo fossi. Ma non lo ero. Lo amavo, ovviamente. Era impossibile non amare Felix. E questo era parte del problema. Tutti lo amavano. Tutti volevano stargli vicino. La gente semplicemente non lo lasciava in pace. Onestamente penso che questo fosse il motivo per cui gli piacevo così tanto. L’ho protetto. Sono stato onesto con lui. L’ho capito. L’ho amato. Lo amavo, ma ero innamorato di lui?”
È con questo discorso, apparentemente incoerente, che si apre il sipario sulla figura di Oliver Quick, studente ammesso al Webbe College di Oxford nell’anno 2006. Timido, insicuro e di certo non popolare. Infatti fa fatica ad integrarsi con i suoi facoltosi compagni universitari. È questo il punto in cui la regista, Emerald Fennell, realizza il primo di una lunga serie di plot twist: Oliver presta la sua bicicletta al ricco e popolare Felix Catton, dopo che questi ha forato una ruota. I due stringono una forte amicizia, ma, mentre il primo sviluppa una vera e propria ossessione per il secondo, quest’ultimo risulta più volubile e dopo qualche mese comincia ad allontanarsi da lui.
Tuttavia, una serie di sfortunati eventi colpisce la famiglia di Oliver, il quale è costretto a fronteggiare l’improvvisa notizia della morte del padre, tossicodipendente come la madre. Per questo, Felix invita l’amico a trascorrere le vacanze estive a Saltburn, dove si trova la tenuta di famiglia. Quella che doveva essere una semplice estate da passare in compagnia dell’eccentrica famiglia Catton, si rivelerà essere uno spettacolo terrificante, di cui Oliver è il regista. Barocco, inquietante e crudo: sono questi i tre aggettivi con cui viene descritta la pellicola che sta generando tanto scalpore negli ultimi mesi su qualsiasi piattaforma social.
Ma cosa ha davvero stimolato la sensibilità degli spettatori?
Senza dubbio le scene più crude e virali presenti nel Web sono quelle della vasca da bagno, del vampiro e della tomba, che vedono Oliver dedito ad atti estremamente perversi nei confronti dei membri della famiglia, ignara della manipolazione che sta subendo e che porterà alla sua rovina. Il protagonista viene paragonato ad una falena “silenziosa, innocua, attratta dalle cose luccicanti, che sbatte contro una finestra e implora di entrare”. È proprio questo, infatti, lo scopo di Oliver: immergersi silenziosamente nella società élite senza sforzo, bensì mediante un gioco di seduzione e bugie. Per sottolineare in modo velato le sciagure che colpiranno la tenuta, sono stati inseriti simboli e richiami non indifferenti: il doppelganger di Felix, simbolo di cattivo presagio per il ragazzo, come nel film “Persona”, la tanto discussa scena della tomba, ispirata al romanzo di Emily Bronte (in cui Heathcliff scava per raggiungere la sua amata Cathy) e infine le corna di cervo indossate da Oliver alla sua festa di compleanno a tema “Sogno d’una notte di mezza estate” di Shakespeare, che rimandano alla definitiva trasformazione negativa del protagonista. Il fulcro della tenuta è senz’altro il labirinto, simbolo della perdita della ragione e primo campanello d’allarme per la famiglia Catton, che vede consumarsi lì la prima perdita, come viene precisato dal maggiordomo della famiglia, nel momento in cui Oliver osserva la miniatura del labirinto stesso, che recita: “molte persone si perdono a Saltburn”.
È proprio quel che è accaduto, non solo per i personaggi, ma anche agli spettatori di questo “capolavoro cinematografico crudo, ma incompreso”.

Rossella Pessina