Caso Manchester City: come il fpp ha cambiato il calcio

Caso Manchester City: come il fpp ha cambiato il calcio

“Vorrei vedere il City considerato non colpevole e non pagare una sola sterlina, oppure essere considerato colpevole ed essere bandito”
Così tuonò José Mourinho alla luce delle sanzioni inflitte al Manchester City di Josep Guardiola nella stagione 20/21, a seguito di una violazione delle regole del Fair Play Finanziario introdotte dalla UEFA a partire dal 2009; infatti, si pone come obiettivo la ricerca della sostenibilità finanziaria dei club, che già al tempo si avviavano verso le campagne acquisti stellari a cui oggi siamo abituati. Goccia che fece traboccare il vaso fu, all’epoca, il Real Madrid di Manuel Pellegrini, uscente da una stagione fallimentare per le Merengues che li vide sconfitti in ogni competizione, con un deludente secondo posto in Liga contro il tridente Henry-Eto’o-Messi. Un tentativo di rivalsa con una campagna acquisti fuori dagli schemi, che ha come fiori all’occhiello Kakà e la stella portoghese ex Manchester United, Cristiano Ronaldo. Acquisti che non porteranno ai risultati sperati, ma anzi graveranno molto sulle casse dei Blancos che spenderanno una cifra record nel tempo, un ammontare di 250 milioni di euro. Da lì si cercò di trovare un equilibrio per le spese dei club, introducendo dunque il regolamento a cui oggi tanti tifosi si appellano, gridando allo scandalo, vedendo le campagne acquisti di PSG, Chelsea e del precedentemente citato Manchester City. Quest’ultimo club, oggi al centro della polemica, con l’accusa di aver violato le regole imposte dalla UEFA per 9 anni di fila, potrebbe ricevere sanzioni peggiori rispetto a quelle commentate dal tecnico ex Tottenham: non solo 10 milioni di sterline, ma anche l’esclusione dalla massima serie inglese e, di conseguenza, dalle coppe europee. A partire del 2009, il FFP prevedeva un equilibrio basato sul principio break-even, ovvero spendere cifre inferiori rispetto ai guadagni, per poter adempiere all’obbligo di pareggio del bilancio alla fine della stagione. La regola permette, tuttavia, di avere un deficit fino a circa 30 milioni, a patto che venga coperto da aumenti di capitale da parte degli azionisti. Dopo anni di discussioni sulla reale efficacia di tali regole, arriva la riforma, entrata in vigore nel giugno della oramai conclusa stagione 21/22. Un leggero rinnovamento del principio del break-even, che allarga il deficit fino a 60 milioni, si affianca ai principi di sostenibilità e del controllo dei costi, a favore della diminuzione dei debiti finanziari dei club in modo tempestivo. Dunque, possiamo ben capire che, nonostante le cifre folli spese dai club, in particolare dopo il caso Neymar-PSG, queste non devono spaventare, poiché legate in proporzione alle entrate di ogni società, dagli sponsor fino alla vendita dei singoli giocatori. Ad oggi, al caso City risponde il suo allenatore, lo spagnolo ex Barca Josep Guardiola, che in conferenza stampa risponde in favore degli Sky blues, confermando la sua permanenza al club al di là di ogni decisione, mostrando fiducia per i suoi uomini. Inoltre, ci rimanda ad uno storico episodio della Premier 13/14, lo scivolone di Gerrard contro il Chelsea, che fece andare in gol i Blues, permettendo al City del precedentemente citato in giudizio Manuel Pellegrini di vincere la Premier, dopo l’ultimo trionfo ottenuto dal nostro Roberto Mancini; episodio richiamato proprio per fare chiarezza riguardo i trofei ottenuti nelle stagioni prese in considerazione nel corso dell’indagine, che continueranno nell’annata ancora in corso. Vedremo cosa ci riserverà il resto della stagione!

Gerardo Acanfora