Scafati per il sociale: convegno contro la violenza sulle donne

Scafati per il sociale: convegno contro la violenza sulle donne

Venerdì 21 ottobre 2022 al teatro San Francesco di Scafati (SA) si è tenuto un convegno riguardo la violenza sulle donne organizzato dall’associazione “Scrigno di Pandora”, al quale hanno partecipato alcune classi del Liceo Renato Caccioppoli e dell’ITIS Antonio Pacinotti, accompagnate dai rispettivi presidi. Erano presenti Don Peppino De Luca, due donne testimoni di episodi di violenza, psicologi, giornalisti, avvocati e il campione paralimpico Francesco Iannelli. Quest’ultimo è stato dapprima campione olimpico di karate e in seguito, dopo aver perso la gamba destra in un tragico incidente in moto, ha deciso di perseverare nella sua passione per lo sport entrando a far parte della squadra nazionale paralimpica di calcio. È stato proprio Francesco a dare inizio all’incontro, accogliendo i presenti con una spiccata comicità e chiedendo ad alcuni ragazzi fatti salire sul palco se fossero curiosi, senza però dare subito delucidazioni circa la motivazione della domanda. Ha poi chiesto quale fosse la differenza tra un atleta olimpico e uno paralimpico, ricevendo come risposta tale affermazione: “un atleta olimpico è normodotato, invece un atleta paralimpico presenta una disabilità fisica che lo rende diverso dagli altri”. Iannelli ha risposto sostenendo che non esiste la diversità, ma solo l’inclusione, che la disabilità, prima di essere fisica, è un preconcetto morale e che l’unico vero handicap è quello di non essere di buon cuore. Quest’affermazione si ricollega alla domanda posta in precedenza. Chi è curioso si evolve, dal momento che non si limita ad assimilare passivamente tutte le informazioni trasmesse dall’ambiente circostante, ma le rielabora cercando di comprenderle fino in fondo e di sviluppare un proprio pensiero che sia unico e originale. Gli uomini, avvertono l’impellente e costante bisogno di vivere intensamente perseguendo i propri obiettivi e, proprio in virtù di questa cosa, tendono a rialzarsi ogni volta che cadono, ritentando ogni volta che sbagliano. Gli errori non sono sinonimo di fallimento, bensì sono il fulcro del percorso di crescita personale di ogni individuo, e ricoprono un ruolo di primaria importanza genitori e insegnanti, nei cui confronti bisognerebbe provare sempre un profondissimo senso di gratitudine, oltre alla stima e al rispetto. Non si dovrebbe mai avere paura di sbagliare e di spingersi al di là dei propri limiti, anzi, non si dovrebbe aver timore di alcunché in generale; la paura è soltanto il riflesso del modo negativo in cui la nostra mente percepisce il mondo impedendoci di dispiegare le ali e prendere il volo. Non dobbiamo consentire al grigiore del nostro animo di prevalere sulla nostra esistenza. Dobbiamo essere come dei pastelli che colorano il mondo e, se desideriamo davvero amare ed essere amati, dobbiamo mostrarci sempre allegri, gentili ed empatici verso il prossimo. L’invidia è un sentimento che uccide, che impedisce di amare realmente sé stessi; come si può avere stima di sé se non si è incapaci di rispettare gli altri? I veri campioni sono soltanto coloro i quali non hanno solo conseguito una vittoria, ma hanno anche e soprattutto costruito i loro sogni da soli, senza prevaricare con violenza sugli altri. È in seguito salita sul palco, con altri relatori, la moderatrice e presidentessa dell’associazione “Lo Scrigno di Pandora”, l’avvocata Gelsomina Fiorenza. Ha preso parola e ha dichiarato a pieni polmoni l’emergenza sociale della violenza sulle donne che può essere arrestata solo attraverso la denuncia, primo passo verso la conquista della propria libertà e dignità. Seppur non vittima di violenza in prima persona, ha proceduto con il raccontare un avvenimento che l’ha coinvolta. Dopo aver pubblicato un post sul suo account Facebook e Instagram in cui esponeva i “dieci comportamenti che ogni uomo deve seguire nei confronti delle donne”, ha iniziato a ricevere commenti dispregiativi pregni di un’ideologia maschilista perversa. L’impatto avuto sulla donna non è stato negativo, in quanto l’hanno soltanto fomentata a continuare la sua lotta, ma cosa sarebbe successo se questi messaggi fossero giunti ad una persona fragile o vittima di violenze? Non l’avrebbero incoraggiata a denunciare, ma l’esatto contrario, si sarebbe ulteriormente isolata nel suo rapporto con il carnefice. A tal punto la giustizia non potrebbe far nulla, spesso infatti, l’autorità giudiziaria non è capace di aiutare queste donne che, per paura o per “amore”, non riescono a rivelare ciò che avviene. La dottoressa Liliana D’Acquisto, psicologa e vice-presidente dell’Ordine degli Psicologi della Regione Campania, ha parlato appunto della forza e del coraggio che bisogna avere nel portare avanti la propria testimonianza. Qui sono entrate in gioco l’indifferenza e l’omertà, le quali sono il peggior tipo di violenza; in un mondo così complicato e pieno di persone disfunzionali ed egoiste aiutarsi è tutto ciò che serve. Inoltre ha ricalcato la definizione di violenza, specificando che si manifesta tra persone che non si considerano alla pari, attraverso azioni quotidiane mirate alla distruzione dell’Io della vittima, la quale accetta le prepotenze in quanto camuffate da una ‘’relazione d’amore’’. Successivamente c’è stato l’intervento della magistrata del tribunale di Nola, Serena Onte, rivolto alle nuove generazioni. Impiegata nella tutela delle fasce deboli (donne, minori, etc.), riferisce che circa il 65% delle notizie di reato che le giungono sono reati di genere, di cui almeno due o tre a settimana riguardano il Revenge Porn. Questo fenomeno moderno consiste nella diffusione di materiale multimediale senza il consenso delle persone presenti in esso (che possano essere svestite, coinvolte in atti sessuali, anche autoerotici), spesso preceduta da una minaccia di estorsione. Il carnefice cerca di estorcere denaro indirizzato a conti esteri, non rintracciabili, in cambio di mancata condivisione. La giustizia, quindi, non sarebbe sempre capace di aiutare le vittime e qui entra in gioco la tutela personale. Alle volte, pur di compiacere l’altro si è disposti a compiere azioni di cui non si è realmente consapevoli. Maria Teresa è una donna e una madre che combatte da sei anni per la verità sulla morte della figlia Tiziana Cantone, suicidatasi a causa della divulgazione di un suo video hard e dei molti commenti aberranti che le vennero inviati. Ha lottato a lungo per l’approvazione della legge contro il Revenge Porn e affinché la morte della figlia non venisse considerata come un suicidio, bensì come un “femminicidio social”, perché, come abbiamo potuto constatare, molte volte l’uso di questi può davvero uccidere qualcuno. I messaggi contro Tiziana infatti persistono tutt’oggi e la madre chiede solo che lei possa riposare in pace, mentre continua la sua lotta per garantire giustizia alla figlia. La seconda testimonianza proviene da Filomena Lamberti, una donna che per la maggior parte della sua vita è stata imprigionata in un matrimonio infelice e violento. Si tratta di un caso di violenza domestica che ha fatto il giro dell’Italia. Filomena ci ha messo al corrente della sua vita e ha descritto l’ex marito come una persona possessiva e violenta, che l’ha segregata in un cerchio di solitudine senza via d’uscita. Da questo matrimonio sono nati tre figli che, fortunatamente, anche se cresciuti in un clima violento, non hanno intrapreso la stessa strada del padre. Filomena ha raccontato che quando il marito la picchiava lei agiva con imperturbabilità, in quanto per lei quel comportamento era normale perché durava da tutta una vita, finché un giorno decise di non sottostare più alle continue violenze e umiliazioni chiedendogli il divorzio. L’uomo però, non contento della decisone presa dalla moglie, decise di ustionarle il volto con l’acido; fu proprio in quella domenica sera del 2012 che la vita di Filomena cambiò completamente. Soccorsa dai figli, che la portarono con urgenza al pronto soccorso, venne poi sottoposta a 30 interventi in cinque anni e dopo due trovò finalmente il coraggio di mostrare al mondo il suo volto e di non avere più paura del giudizio della gente, perché solo così avrebbe davvero sconfitto il proprio carnefice. Sulla stessa linea d’onda ha parlato Pasquale Santarpia, non vedente e presidente dell’associazione “Abili alla Vita”, che ha ricalcato una paura verso i social (i quali, seppur considerati utili e produttivi, sono disumanizzanti e privano gli uomini dell’affetto) e l’importanza del volontariato. Lui, in prima persona, si è battuto per aiutare persone diversamente abili, denunciando anche due famiglie che recludevano i propri figli in casa, vergognandosene ed usufruendo del denaro che lo Stato poneva per dare loro una mano. Ha quindi terminato il suo intervento e il convegno con queste parole: “UNITI SI VINCE, INSIEME SI CRESCE”, espressione che ripete a se stesso e a coloro che lo circondano; ha inoltre invitato i presenti ad una festa di Halloween che si terrà il giorno 30 ottobre a Piazza IV Novembre, Casola di Napoli.

Alessia D’Amaro

Marika Niro

Francesca Pia Nastri