Persi

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Per Pino Daniele Napoli era “mille culure”, ma da un po’ il colore è solo uno: azzurro. Giovedì 4 maggio 2023, alle ore 22:37, il Napoli è diventato campione d’Italia, con i primi festeggiamenti ovviamente sono iniziate anche le prime polemiche.La notizia viaggia veloce in tutte le trasmissioni e i primi responsi si dividono in chi si complimenta con i vincitori, chi si mostra indifferente e chi inizia la sua campagna anti-sud a suon di critiche poco adatte al contesto, a tal punto che, se i napoletani non fossero stati impegnati nei festeggiamenti, avrebbero sicuramente detto “n’ amm manc accuminciat”. “La vittoria del Napoli è il riscatto tanto atteso per la città e per i suoi abitanti” sostiene la popolazione dalla maglia celeste. “È solo una vittoria calcistica, non diamole un valore troppo patriottico” dicono invece i più scettici. Quello che non si può negare è che sicuramente, per chiunque conosca realmente la storia di Napoli con i suoi vizi e le sue virtú, questa non può essere solo una semplice vittoria. L’attesa del riconoscimento da parte di tutta Italia per un popolo martoriato è stata lunga, svegliarsi in un giorno di maggio con la consapevolezza di essere campioni d’Italia è una piacevole sensazione per coloro che da una vita vengono ritenuti inferiori. Forse è proprio questo il motivo dei festeggiamenti esagerati, perciò per avere una reazione “solo calcistica” alla prossima vittoria dovremo attendere il momento in cui ogni giorno a Napoli sarà un giorno di festa, sperando in un’attesa minore sia per il prossimo scudetto, che per un cambiamento. Per il titolo conquistato lo scorso giovedì i Napoletani hanno dovuto attendere 33 anni, ma per un cambiamento di rotta l’attesa dura da molto più tempo. Infatti, dalla nascita del Regno D’Italia il Sud è stato definito come una palla al piede e non ha mai ricevuto l’attenzione e la cura adatta per risolvere i problemi; fin dall’apertura di questa spaccatura ci sono state menti forti che si sono interrogate per cercare una soluzione e creare un’Italia unita per davvero, come Villari, Fortunato, Gramsci e tanti altri. Gramsci, ad esempio, aveva capito che per avere un’Italia unita c’era bisogno di una collaborazione fra gli operai del Nord e i contadini del Sud. Il Meridione non doveva essere dunque una colonia del nord, ma un territorio autonomo e fiorente. Al di là di ogni riflessione, che solo personalità di spessore morale possono compiere, tutto il popolo vive quotidianamente questa situazione, che si confonde con la normalità quando i giorni sono sempre uguali. Eppure quando accade qualcosa di bello si fa spazio al desiderio di sottolineare che anche il Meridione è capace di imprimere qualcosa di suo nel presente e il popolo è più battagliero che mai per dimostrare il suo valore. “Tu a tieni n’a cos a raccuntà” recita una frase di un celebre film di Paolo Sorrentino dedicato a Napoli e alla figura di Maradona e, potremmo dire, che sì: i napoletani avrebbero tanto da dire, ma chi sarebbe disposto ad ascoltarli per davvero?

Grazia Scognamiglio