L’hanno inventato a Napoli

L’hanno inventato a Napoli

“Caro senatore, mentre voi eravate ancora sugli alberi, noi eravamo già fr*ci.” Così Luciano De Crescenzo, in tono polemico ma soprattutto ironico, si rivolse al senatore Bossi per sottolineare il divario tra nord e sud, ovviamente ponendo l’accento sulla superiorità meridionale. Al di là di ogni amore patriottico, il meridione, in particolar modo Napoli, è sempre stato un passo avanti, anzi, forse due, poiché uno dei due passi è sempre stato celato nell’ombra del pregiudizio nordista; per questo a Napoli si fa una doppia fatica per creare cose che poi andranno per il mondo. L’esempio che viene in mente a tutti è sicuramente quello della prima ferrovia, la Napoli-Portici. Quest’ultima nacque il 3 ottobre 1839 per volontà borbonica e, insieme al primissimo sbuffo di vapore, si espanse nell’aria una leggenda propagandistica, secondo la quale il tempo di percorrenza tra Napoli e il Granatello era poco meno di 10 minuti (un sogno per i porticesi del 21° secolo). Ma oltre alla longeva locomotiva vi sono altre dimostrazioni dell’ingegnosità partenopea: la forchetta a 4 punte, la zuppa inglese, la pizza margherita, la lavatrice, la Fanta e tante altre. Vediamone alcune.La forchetta risale più o meno al 4° secolo, ma all’inizio era ritenuta una pura stravaganza, perché al tempo era troppo difficile pensare di affidarsi ad uno strumento perlopiù grande e con massimo 3 punte per portare il cibo alla bocca, e si credeva che fosse meglio usare le mani, come un vero scugnizzo. Tale sfiducia venne incoraggiata dalla Chiesa e dalla concezione demoniaca della forchetta, associata al forcone del diavolo. Le cose, però, cambiarono nella seconda metà del ‘700 grazie alla golosità di Ferdinando IV di Borbone, il quale amava cibarsi della pasta lunga che Gragnano gli donava per arricchire il banchetto reale. Il metodo usato era quello sopracitato, ma non sembrava adatto d un contesto ufficiale e, per questa ragione, il ciambellano di corte decise di proporre al sovrano la forchetta a 4 punte. Nacque così la “buona forchetta”, che ad oggi si utilizza in tutto il mondo e la cui definizione viene utilizzata per indicare una persona che mangia tutto, proprio come il buongustaio Ferdinando. La zuppa inglese nacque da un errore avvenuto nelle lussuose cucine borboniche. In occasione di un banchetto, a cui avrebbe partecipato anche un inglese, il sovrano Ferdinando dispose la preparazione del suo dolce preferito, “a pizza roce”, un pan di spagna con un sottile velo di glassa e tanti “diavulilli” (confettini). Ma proprio in quel giorno così importante al re successe un inconveniente. Un cameriere rovesciò per terra il pan di spagna, scatenando il terrore negli occhi di tutti. Si fece però avanti il capo pasticciere, che in qualche modo tentò di ricompattare i mille pezzi caduti, ma non ci riuscì, allora decise di coprire il misfatto con una meringa. Dopo averla infornata e finito la cottura, chiamò il cameriere pasticcione, dicendogli: “questa è la zuppa e portala all’inglese”. Il re, vedendo questo dolce sconosciuto, chiese spiegazioni e il cameriere rispose che quel dolce era speciale, perché era stato preparato in onore dell’ospite inglese: era la zuppa inglese. Dunque, grazie alla predisposizione spontanea che hanno i napoletani nel trovare in ogni situazione “a pezz a culor”, le nostre domeniche, o in generale la nostra vita, sono più ricche e simili alla magnifica quotidianità di un sovrano.

Grazia Scognamiglio