Le Smorfie di Massimo Troisi

Le Smorfie di Massimo Troisi

 Se Massimo Troisi è diventato così celebre, lo deve a Napoli? Se Massimo fosse nato a Milano, sarebbe stato lo stesso Troisi?Ebbene, secondo lui sarebbe stato lo stesso personaggio, forse con un cognome diverso, ma la sua bravura, diversamente da come si può pensare, non dipese dalla città di appartenenza. E, questo strepitoso personaggio, oggi avrebbe compiuto 68 anni, ma la fortuna non è stata dalla sua parte. Il cuore, infatti, lo abbandonò troppo presto, morendo a soli 41 anni. Originario di San Giorgio a Cremano, il pulcinella senza maschera non abbandonò mai le sue radici e la sua napoletanità, la quale  rappresentó un filo conduttore per tutte le sue apparizioni. Troisi amó Napoli e la difese sempre con la sua ironia. Egli, dunque, non rigettó i mille luoghi comuni della città partenopea, li sostenne con il sorriso, organizzando dei veri e propri sketch.
Infatti,  con questi Massimo potè parlare di tutto: di politica, di famiglia, dei napoletani e dei loro problemi. Tra questi ricordiamo lo sketch
di Bossi e della sua passione nascosta per Peppino Di Capri o quello, secondo il quale,  i napoletani hanno il fegato rovinato perché mangiano solo spaghetti e quando mangiano altro lo nascondono.
Insomma, usó discorsi che i napoletani odiavano, eppure venne ascoltato da tutti con la bonaria voglia di ridere insieme. Questo grazie ad una comicità che non si può spiegare a parole. È possibile presentarla, più  propriamente, attraverso tutto il patrimonio artistico che ha lasciato.
Egli crebbe sul palcoscenico, per poi arrivare sul piccolo schermo negli anni Settanta, rivoluzionando il modo di ridere.
Troisi creò un modo per esprimere i suoi pensieri attraverso un genuino, originale e rigoroso dialetto napoletano; a chi gli chiedeva di parlare italiano rispondeva, ironicamente, di non esserne in grado, poiché parlava, sognava, cantava in napoletano.
Il principe dell’ironia, con il suo comportamento, introdusse la figura del comico moderno:  ironia pungente e meccanismo di vita, ovvero, quello di ridere per non piangere. Il suo rapporto con la televisione fu sempre particolare, potremmo dire, una “corrispondenza” alla Massimo Troisi. Conosciuta dai tempi della Smorfia, la televisione per Troisi rimase sempre un palcoscenico, dove egli recitò facendo emergere la sua parte teatrale e mantenendo la sua identità, a prescindere dai programmi che lo ospitavano. La televisione che gli restò nel cuore fu quella che lo vide come autore: Troisi trasformó la tv della verità nella tv della menzogna, regalando momenti paradossali e comici.
Nello schermo i telespettatori potevano osservare un grande personaggio, il quale era funzionale con la sua personalità e le sue tecniche da esperto comico:  riusciva ad apparire puro agli occhi del telespettatore, come non avesse preparato nulla a tavolino e aveva la capacità di prendere in giro i suoi interlocutori senza ferirli.
A detta di alcuni, l’attore non amava molto rilasciare interviste, eppure Massimo dichiarò sempre  il contrario, sostenendo ironicamente di essere stato intervistato da cani e marzulli. Proprio durante le chiacchierate televisive con Baudo, Marzullo e altri, emergeva la natura di questo grande giullare, una personalità ironica e soprattutto buona.
Nonostante il grande successo, infatti, era uno di noi: amava stare con tutti e parlare delle cose comuni.
Troisi si presentò, sia come attore che come ospite televisivo, non dimenticando mai da dove veniva.
Insomma, “era nu buono guaglione”,  ispirandoci alla canzone di Pino Daniele.
Massimo ci lasciò troppo presto, rese e rende tutto il popolo napoletano erede della sua comicità, impegnanto nel ricordare a tutti di raccontare dei propri guai e non perdersi nella rete della cattiva sorte.

Grazia Scognamiglio