Il passaggio da cavallo a ciuccio ha portato fortuna!

Cosa hanno in comune il celeste, il mare ed un asino? Il Napoli. Molte squadre assumono come bandiera identificativa della propria forza un animale che li rappresenti, come la zebra per la Juventus, o il cavallo prima e poi l’asino per il Napoli. Se però, ad esempio, la zebra viene associata alla Juventus per motivi cromatici, per la squadra campana le motivazioni sono un po’ più bizzarre: fino agli anni ’20 del novecento il simbolo era, infatti, il cavallo. Era indubbiamente più nobile ed elegante, inoltre figurava anche come icona del Regno Di Napoli e presentava un logo blu e una sigla in oro, A.C.N. (Associazione Calcio Napoli). Inizialmente l’oro dello stemma non rappresentava il successo della squadra, anzi gli azzurri dovettero affrontare agli esordi, datati 1926, un periodo molto complesso e mesto, durante il quale tantissimi tifosi furono costretti ad ingerire troppi “bocconi amari”, cioè sconfitte e un solo pareggio contro il Cagliari. La squadra, più che assomigliare a un cavallo energico, sembrava essere un asino e pure stanco. Così, tra le stradine napoletane iniziò a vagheggiare una leggenda folcloristica, ovvero quella del ciuccio. La squadra calcistica, infatti, ricordava un asino famoso a Napoli, che apparteneva a Fechella, un ambulante che percorreva i quartieri con un malandato asinello, il quale, appena gli era possibile, preso dalla continua spossatezza, si accasciava. Vagando questa voce fra i vicoli della città, giunse a Felice Scandone, giornalista del Corriere del Mezzogiorno, che decise di riportarla in un articolo, facendo così da megafono a una diceria scherzosa che fino a quel momento serviva per smorzare l’animo sconfitto della squadra e dei suoi tifosi. Eppure, quasi per magia, ci fu una rimonta incredibile del Napoli e il ciuccio divenne simbolo di fortuna e di gioia partita dopo partita. Ecco spiegato il culto che ricorre tra i napoletani per l’asinello che agli esordi sfilava per la città al posto delle mille bandiere, come ad oggi.