Per favore, Chiamatemi Boy George

Per favore, Chiamatemi Boy George

Immaginate di essere un adolescente del 1998. Di avere una vita piuttosto ordinaria, una migliore amica, una macchina, una famiglia amorevole. Fatto? Bene! Ora immaginate di aver trovato un lavoretto estivo, giusto per guadagnare qualcosina ed essere, almeno un minimo, indipendenti. Riuscireste mai a credere se vi dicessi che quel lavoretto estivo cambierà radicalmente la vostra vita facendo franare ogni convinzione?
Io, se me lo avessero detto al tempo, non ci avrei mai creduto. Sembrava quasi impossibile, un qualcosa da fil-…Ah no, aspetta. Noi siamo in un film. Chi se ne frega, dicevo: nessuno ci avrebbe creduto, tantomeno Eric Hunter, il protagonista.
Anche perché, chi l’avrebbe mai detto che l’avvento di un demone biondo avrebbe mai potuto togliergli tutto e allo stesso tempo dargli tanto? Forse dovrebbe ringraziare Rod. Di certo, non lo avrebbe ringraziato per le lacrime versate e per il suoi modi di fare. Però, grazie a lui aveva trovato la sua strada, aveva capito chi era veramente e cosa voleva; poco importavano i risvolti negativi sopraggiunti in seguito, quelli erano di gran lunga superabili.
Aveva perso la sua migliore amica ma, in compenso, ne aveva trovati altri.
Aveva deluso sua madre e la sua famiglia, ma in compenso aveva reso orgogliosa la donna che lo aveva sostenuto sempre lungo quella strada tortuosa e scoscesa e che gli aveva fatto capire la strada giusta da intraprendere.
Aveva perso un biondo e ne aveva trovato un altro.
Insomma, aveva perso tanto è vero, ma ne aveva guadagnato il doppio.
E così, con gli Eurythmics in sottofondo, ha potuto finalmente vivere la sua vita a pieno; senza più doversi nascondere da nessuno.
Non da sua madre e dalla sua famiglia in attesa del suo ritorno la sera, senza sapere dove fosse.
Di certo non da Meggie o dalla società che pretendevano da lui un certo regime comportamentale.
Neanche da se stesso.
Perché on ‘The Edge of Seventeen’, era finalmente libero e felice.

Olga Chiosso