Il “Libro di facce”

Il “Libro di facce”

La domotica è un settore in larga crescita nell’ultimo periodo, sistemi che fino a una decina di anni fa avremmo ritenuto possibili solo nei nostri sogni sono diventati realtà nelle case di molte persone in tutto il mondo; l’applicazione di intelligenze artificiali nelle nostre vite sta diventando sempre più diffuso, permettendoci di avere una vita più rilassante: facendo accendere il riscaldamento al nostro Assistente Google, chiedendogli di alzare le tapparelle, attivare l’antifurto, accendere le luci, o anche risparmiarci l’immensa fatica di ricercare l’età del vip che tanto ci attanaglia la mente. Tutto questo è magnifico, ma (perché un “ma” c’è sempre) le cose non sono mai così semplici come sembrano. L’applicazione di una determinata tecnologia associata ai sistemi di domotica sta creando non poco scalpore, sto parlando del face tracking, tecnologia di riconoscimento facciale in uso da Google nel suo brand di domotica Google Nest, in particolare in “Hello”: un citofono intelligente capace di interfacciarsi col proprio Assistente Google e di funzionare come un qualsiasi citofono, ma in più ha la capacità di riconoscere i volti se precedentemente è stato associato loro un nome. Se ci soffermiamo un attimo in più a pensare, ci renderemmo conto che il dispositivo crea un database delle facce che sono state associate; e se questo meccanismo fosse usato in una scala più grande, magari per schedare i cittadini? È già successo, in Cina è così che vengono monitorati i cittadini, e inoltre molti software utilizzati dalle forze dell’ordine posseggono questa funzionalità. Ma come già detto, c’è bisogno di un database da cui attingere per riconoscere i vari volti; e qual è il più grande ipotetico database di facce che la rete ha da offrire? Proprio Facebook, e i vari social o piattaforme a seguire come Youtube; 600 dipartimenti di polizia hanno adottato questo software caricato di immagini “rubate” dai profili degli utenti, dimostrandone l’efficienza dopo essere riusciti ad assicurare alla giustizia un criminale ripreso dalle telecamere di sicurezza, rintracciandolo e arrestandolo in pochi minuti. Legalmente parlando, quest’attività è dibattibile: infatti non rispetterebbe i famosi termini accettati all’iscrizione, che nessuno ha la pazienza e la voglia di leggere, poiché al momento della pubblicazione della foto queste tecnologie erano ancora in fase di progettazione, e in ogni caso molti utenti tutt’ora non sanno nemmeno dell’esistenza di questi processi. Non volendoci addentrare troppo in questioni legali, l’attenzione ricade sul risvolto sociale che tutto ciò potrebbe avere: c’è un conflitto tra etica e sviluppo tecnologico? Non dobbiamo permettere che tecnologie del genere entrino nelle nostre vite? Il concetto di privacy, per come lo conosciamo, verrà cancellato? La risposta a queste domande è oltremodo difficile da formulare, poiché ci si andrebbe a scontrare con concetti come l’etica, estremamente diversa da un individuo a un altro, ma una risposta è arrivata, o per lo meno una base da cui partire, infatti l’Europa ha bandito l’utilizzo del face tracking in luoghi pubblici per qualche anno, in attesa di regolamenti che ne descrivano gli ambiti di utilizzo. Risposta supportata dall’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, che dice che non ci siano dubbi che l’utilizzo delle intelligenze artificiali debba essere regolamentato, però evidenzia che il problema è il come: ci sarebbe bisogno di regolamentazioni che non strangolino lo sviluppo, ma che neanche permettano, a chi ne voglia fare un uso malvagio, di farlo. Questa rappresenta la via migliore da percorrere, però nella pratica potrebbe risultare alquanto difficile applicare queste belle parole; ma per una volta voglio confidare nel buon senso delle persone, e nel fatto che si riuscirà a trovare un accordo, in modo da dare un ruolo ben definito a queste tecnologie dalle infinite potenzialità.

Marco Casillo