Ho lasciato entrare la tempesta

Ho lasciato entrare la tempesta

“Ho lasciato entrare la tempesta” è il titolo di un romanzo di Hanna Kent.
La storia parla di una donna: Agnes Magnúsdóttir accusata di essere seduttrice, strega, colpevole ed assassina.
Lei con la sua bellezza, il suo animo ribelle e la sua intelligenza si differenzia da qualsiasi altra ragazza, è diversa anche per l’uomo che si è scelta: Nathan Ketilsson definito come un uomo più vicino ai diavoli dell’inferno che agli angeli in paradiso, capace, secondo le dicerie del villaggio, di resuscitare i morti con pozioni a base di erbe sconosciute e ora ucciso da diciotto coltellate.
Per il villaggio non vi sono dubbi che la colpevole sia Agnes, la donna che avrebbe dovuto amarlo.
La sua pena sarà la morte e nella sua attesa ella racconta la sua visione della storia alle uniche persone amiche che il destino le concede nei suoi ultimi giorni: la moglie del suo carceriere e un giovane e inesperto professore.
E nonostante la morte sia una fine inevitabile, per Agnes la vita continua altrove: nei pensieri, nei sogni, nelle storie che ha letto e nell’amore per Natan.
Le uniche cose che appartengono unicamente a lei e che nessuno potrà mai toglierle.

Tra le pagine di questo romanzo si possono respirare un sacco di emozioni diverse, intense e penetranti.
Emozioni che ti entrano nelle ossa e non le lasciano più andare, ti conquistano, ti attanagliano l’anima e il cuore stringendolo e rilasciandolo a ritmo di quello di Agnes alla quale immagini di tenere la mano in quell’evento critico della sua vita, nel quale la sua vita si interrompe per volere di un ingiusto destino e dell’ignoranza umana che fa sempre da protagonista ad eventi funesti simili.
Mi sembra quasi, nelle sere più scure e malinconiche, di sentire la sua flebile voce chiedermi di non lasciarla sola ad affrontare quella fine crudele e allora, serrate le mie mani poggio il volto contro la finestra e, osservando l’esterno, sorrido al volto di quella donna che fu l’ultima giustiziata islandese.

Olga Chiosso